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ANCONA - Oggi, 17 novembre, giorno dell’Equal pay day, è la giornata dell’anno in cui una donna smette di guadagnare a causa del divario stipendiale con i colleghi uomini.
Il Gender gap nelle Marche fa registrare una differenza di salario tra donne e uomini del 29,9%. Questo il dato più significativo evidenziato dalla Cgil.
Secondo gli ultimi dati della Commissione europea, il salario orario lordo medio degli uomini nei 27 Stati membri è del 12% superiore a quello delle donne. Tradotto significa che, a parità di condizioni, le lavoratrici europee lavorano circa un mese e mezzo all’anno gratis rispetto ai colleghi.
Nelle Marche, le lavoratrici sono 203mila unità (44%). Più della metà di queste ha un rapporto part-time (50,4%) contro una percentuale del 18,4% tra i lavoratori uomini e poco più di una lavoratrice su tre ha un contratto a tempo pieno e indeterminato (34,2% contro 65,3% tra uomini). Dall’anno precedente, la crescita dei lavoratori è stata maggiore negli uomini (+1,5%) rispetto alle donne (+0,7%).
"Il maggiore utilizzo del part-time da parte delle donne - evidenzia Eleonora Fontana, segretaria Cgil Marche - giustifica solo in parte questo divario in quanto le lavoratrici con contratto a tempo pieno e indeterminato guadagnano mediamente 4.125 euro lordi annui in meno (-13,5%) rispetto agli uomini con la stessa tipologia contrattuale".
Un valore che non solo influisce sull’indipendenza sul lavoro, ma che si riflette anche sugli assegni pensionistici.
"In Commissione Regionale Lavoro abbiamo evidenziato da sempre la necessità di curvare gli interventi del Programma per il Lavoro al fine di curvare questi divari. Solo accedendo ad un lavoro stabile, di qualità e ben retribuito, questi divari possono essere colmati", conclude. Il Global Gender Gap Report 2025 del World Economic Forum diffuso a giugno 2025 ricordava come ci vorranno 123 anni per raggiungere la piena parità.
Focalizzando l’attenzione sull’Italia, secondo il Rendiconto di genere 2024 dell’Inps le donne percepiscono il 20% in meno degli uomini, un divario che sale al 39,9% nel settore immobiliare e al 35,1% in quello scientifico.
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