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PESCARA – «I colpi sono partiti per sbaglio». Così Antonio Mancini, 69 anni, ha cercato di giustificare davanti al suo avvocato Marcello Cordoma l’uccisione della ex moglie Cleria Mancini, 66 anni, e il tentato omicidio del nipote dodicenne. Il colloquio si è svolto nel carcere di Pescara, dove l’uomo si trova rinchiuso dopo la tragedia avvenuta giovedì pomeriggio a Lettomanoppello, nel Pescarese.
Secondo quanto riferito dal legale, Mancini sarebbe apparso lucido e orientato, fisicamente provato e dispiaciuto per l’accaduto, ma non pentito, perché ancora convinto che l’esplosione dei colpi sia stata accidentale. L’uomo avrebbe inoltre raccontato di non ricordare nulla di quanto accaduto a Turrivalignani, il paese vicino dove, dopo aver ucciso l’ex moglie, si era barricato all’interno di un bar sparando altri colpi prima di essere arrestato dai carabinieri.
Durante l’interrogatorio, il 69enne ha dichiarato di aver bevuto troppo e di non essere pienamente consapevole dei propri gesti. La Procura, tuttavia, non sembra credere alla tesi del colpo partito accidentalmente: secondo gli investigatori, Mancini avrebbe premeditato l’agguato, portando con sé l’arma con l’intenzione di colpire la donna e forse anche il nipote.
La vittima, sarta molto conosciuta in paese, era stata raggiunta da un colpo di pistola ritenuto potenzialmente letale; gli inquirenti attendono ora l’esito dell’autopsia per chiarire la dinamica precisa del delitto. Intanto, la comunità di Lettomanoppello resta sconvolta da un femminicidio che ha spezzato la vita di una donna stimata e riaperto il dibattito sulla violenza domestica e sulla prevenzione dei reati di genere.
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