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Molte organizzazioni separano ancora ciò che si comunica dentro e ciò che si comunica fuori. Ma oggi quella linea è sfumata: ogni email, verbale o riunione può diventare (volente o nolente) una rappresentazione pubblica. Una comunicazione interna trascurata può minare la credibilità esterna, anche quando i messaggi istituzionali sono impeccabili. In questo articolo approfondiamo perché la reputazione si costruisce nella quotidianità e come portare coerenza tra linguaggio interno e identità pubblica.
Cosa comunica un verbale? E un’email?
Molto più di quanto si pensi.
• Un verbale che riporta frasi vaghe, decisioni non tracciabili o toni polemici dice molto sul metodo di lavoro di un’organizzazione.
• Un’email interna con destinatari sbagliati o linguaggio passivo-aggressivo può diventare un documento reputazionale, se esce dal suo contesto.
• Un’assemblea mal gestita, una videoriunione caotica, un mancato follow-up… sono segnali deboli che diventano forti se sommati.
In sintesi: ciò che accade “dentro” è già narrazione. E può rafforzare – o minare – la credibilità dell’organizzazione verso l’esterno.
La coerenza interna come base per la credibilità esterna
Una comunicazione esterna solida ha radici nel linguaggio, nei processi e nelle relazioni quotidiane. Chi comunica in modo disordinato al proprio interno, difficilmente riuscirà a trasmettere autorevolezza verso l’esterno.
La coerenza non si costruisce solo con un buon ufficio stampa. Si costruisce quando:
• i documenti interni sono chiari, leggibili, inclusivi;
• le riunioni rispettano il tempo delle persone;
• le email hanno un tono umano e professionale insieme.
La credibilità è una continuità: tra ciò che diciamo fuori e ciò che ci diciamo dentro.
Oltre la trasparenza formale: la sfida della coerenza quotidiana
Nel contesto pubblico, comunicare non è solo una questione di trasparenza, ma di coerenza continua tra parole, atti e relazioni. MOOV Comunicazione, che affianca enti locali nella gestione strategica della comunicazione istituzionale, sottolinea come spesso siano i microelementi – un verbale poco chiaro, un’email impersonale – a generare fratture reputazionali più della mancanza di una campagna. Riconoscere che ogni atto interno è già narrazione pubblica impone una nuova consapevolezza organizzativa. Come cambierebbe il rapporto con i cittadini se si partisse proprio da qui?
Tre buone pratiche per comunicare meglio dentro, prima di farlo fuori
1. Scrivere con la stessa cura, anche per “pochi”. Un verbale, una circolare, una mail al team: se sono scritti bene, costruiscono fiducia. Curare il linguaggio è un atto di rispetto, anche quando i lettori sono pochi.
2. Scegliere i canali con intenzione. Non tutto deve passare per email. Non ogni decisione ha bisogno di una riunione. Sapere quando e come comunicare migliora l’efficienza interna e il clima organizzativo.
3. Allineare linguaggi, non solo messaggi. Una narrazione è credibile quando il modo in cui ci parliamo dentro è coerente con il modo in cui ci mostriamo fuori. Se un ente promuove la trasparenza ma comunica internamente con toni opachi o verticistici, il messaggio si rompe.
La reputazione è una questione di coerenza. E la coerenza nasce sempre da dentro.
Questo contributo è ispirato a un approfondimento pubblicato sul nostro sito. MOOV Comunicazione.
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